Ciao, per l’ultima volta ciao. So che per te è quasi impensabile tenere un diario su Internet (che poi è un assurdo per antonomasia. Un diario dovrebbe essere segreto, ma su Internet il segreto non esiste), ma è da stamattina che piango e ora devo lasciarti andare.
Certo è che l’elaborazione del lutto non passerà solo per questo post e di sicuro ci metterò anni: guarda il tempo che ci ho messo con papà, con nonna Speranza, con mamma. E ora con te. Che sei un dannato pezzo della mia vita, un pezzo di me.
Sei mia sorella.
E da stamattina ho giusto sentito piangere tutti: con i sentimenti più densi e profondi i miei nipoti (i tuoi figli), con i sentimenti diversi cugine (che mi hanno per forza dovuto far mettere daccanto quelli di sorella che al momento sembravano meno importanti), con diversi colori e singhiozzi persone che non sentivo da tempo.
Una cosa è certa: mi sono vergognata di aver pianto con tanta violenza mentre ero al telefono con mia nipote, non volevo… . Non voglio essere così egoista.
Così – cara Nico, cara sorellozza, caro pezzo di me – mi hai letteralmente spiazzata: mercoledì son venuta a farti le unghie, finire la manicure, metterle a posto, chiacchierare sul fatto che non riuscivi a mangiare. Mi hai chiesto di farti un massaggino alla gamba, di metterla in posizione diversa. Poi ti ho salutata per dirti che ci saremmo viste questo martedì. Il 13.
Ed eccomi qui a scriverti, mentre tu già non ci sei più. E i tuoi figli si sentono strani, perché anche a loro manca un pezzo di famiglia. Il loro pezzo si chiama mamma, il mio sorella.
Sono pezzi importanti della famiglia di origine: quelli che ti fanno sapere che la tua astronave è andata fuori rotta oppure è ancora nelle carte galattiche.
Mi mancherai sempre e per sempre. Sarò costretta a cercarti dappertutto, in ogni momento, sguardo, persona… .
Nessuna sarà mai come te. Immensa, incredibile, incommensurabile, rompiscatole, orsa e brontolona come poche.
Ti voglio bene, all’infinito.
Tua sorella Svè (con l’accento sulla “e”).